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Bruce Springsteen a Napoli

La prima data italiana di Bruce Springsteen è racchiusa (quasi) tutta in queste due parole. Fin dal pomeriggio, quando Springsteen si presenta in una Piazza Plebiscito ancora largamente vuota: sono le 6 e qualcosa, il pubblico dei fan è già dentro da qualche ora; lui arriva e con la chitarra acustica attacca due canzoni “per la mia gente”: “This hard land” e “Growin up’”. La piazza non si riempirà – siamo sotto le 20.000 persone per un luogo magnifico che ne può contenere oltre trentamila, ed è un peccato. Soprattutto perché per Springsteen è davvero un ritorno a casa, visto che il ramo materno della famiglia è di queste parti, Vico Equense.
Due ore dopo inizia il concerto vero: escono Nils Lofgren, Charlie Giordano e Roy Bittan – tutti armati di fisarmoniche, e attaccano “O’ sole mio” mentre il resto della band entra. Springsteen tira su un cartello a forma di sole e ringrazia la sua città. E regala subito la prima sorpresa, che dà il tono alla serata: “Long walk home” da “Magic”, canzone raramente suonata ultimamente ma quantomai adatta al luogo.
Bruce – che è arrivato nel pomeriggio dal Lago di Como dove si è fermato nei giorni scorsi – comincia con una prima sezione del concerto abbastanza inconsueta, con “My love will not let you down”, “Out in the street” e “Hungry heart” – per poi arrivare al blocco “standard” del tour, quello con le canzoni dall’ultimo “Wrecking ball” e con la lunga “Spirit in the night”. Il concerto fatica un po’ ad ingranare, in questa parte. Ma le sorprese, quelle che ti aspetti sempre ad un concerto di Springsteen, continuano ad arrivare: Springsteen passa a raccogliere un po’ di cartelli di richieste, come fa di solito in questa parte dello show. “Sono richieste difficili”, dice. E poi sceglie di far contenta una coppia. Lei si chiama Rosy, dice il cartello che chiede “Rosalita”. E “Rosalita” sia, nonostante per la prima volta venga suonata a metà concerto, non in fondo dove (raramente) di solito appare. Poco dopo, dopo una “The river” che riparte perché il pubblico continua a cantare, un’altra chicca, una “Prove it all night” con una lunga intro chitarristica, come nel tour del ’78.
E poi arriva anche la pioggia – ma quella non è una sorpresa: attesa fin dalla sera prima, quando su Napoli si è scatenato un forte temporale. Qualche goccia nel pomeriggio e poi anche sul concerto, dopo un’ora di musica. Sempre più intensa anche se non come negli altri show “bagnati” del cantante in Italia. Solo che a Springsteen questa volta riesce il giochino che non funzionò a Milano nel 2003 o a Firenze l’anno scorso: come in quelle occasioni attacca “Who’ll stop the rain” dei Creedence Clearwater Revival. E questa volta la pioggia si ferma, appena finita la canzone. La parte bagnata del concerto è comunque la più bella, con una “Pay me my money down” che trasforma la E Street Band in una marching band sotto la pioggia e “Waitin’ on a sunny day”, con l’ormai consueto giochino del chiamare un bambino a cantare sul palco. La faccia commossa del bambino – che è pure intonato, nonostante sia letteralmente trasfigurato dall’emozione – giustifica il trucco di scena.
C’è tempo per un altro accenno a casa, quando nel primo bis Springsteen – a cui nella prima parte del concerto era stata regalata una foto d’epoca del ristorante Zerilli – dedica “My hometown” a Vico Equense.
Il concerto si avvia alla fine con poche soprese in scaletta. Le “consuete” “Born to run”, “Born in the U.S.A.” portano alla festa finale con “Twist and shout”. Una maratona che durerà “solo” tre ore, che sembrano poche rispetto alle quasi quattro dei concerti del 2012 – con uno Springsteen apparso a tratti un poco fuori forma. Ma il bello di Springsteen è che, pure così, è una spanna sopra ogni performer, e le facce felici, raggianti del pubblico dimostrano che ha vinto anche questa sera.
E infatti, guai ad azzardarsi a pensare che è stato “solo” un altro concerto di Springsteen. Perché proprio in quel momento, ecco che il Boss tira fuori la magia.
Dopo “Twist and shout”, Springsteen accompagna letteralmente fuori dal palco la E Street Band, ringraziando uno per uno i suoi musicisti. Poi si fa dare una chitarra acustica e ricorda quando venne a suonare a Napoli più di 15 anni fa in acustico. “Quella sera ho chiuso il concerto con questa canzone e così farò stasera”, dice. E attacca una emozionante versione acustica di “Thunder road”, con la piazza ammutolita. Un silenzio irreale, con la voce di Springsteen che echeggia sui muri dei palazzi di Piazza Plebisicito, e il pubblico che si risveglia dall’incanto solo nel coro finale.
Solo a quel punto si può andare a casa. La pioggia non c’è più. (Gianni Sibilla -  Rockol.it)