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Exp&Tricks – il Live! Gianluca Petrella@Auditorium di Roma

Un unico lungo applauso, alla fine dello spettacolo. Alla fine di un viaggio, mi sento di dire; un viaggio che è anche e soprattutto un lungo sogno attraverso immagini, animazioni e suoni che seppur temporalmente molto distanti si affiancano tra loro in maniera magistrale e accompagnano i sensi dello spettatore in un mondo di visioni in bianco e nero e sonorità quanto mai eterogenee. Le luci si abbassano puntuali nella sala del Teatro Studio dell’Auditorium di Roma e Petrella - circondato da una serie notevole di “diavolerie” elettroniche (diaboliche, esattamente come potevano apparire le prima macchine da presa del cinema di inizio ’900), un fender rhodes ed il fido trombone – si lancia in una fase di warm-up a mio avviso già di per se molto interessante. Capisco quindi, e fin da subito, che lo spettacolo promette bene: loops, grooves tribali, sampling, suoni industriali che il giovane trombonista governa e miscela, talmente bene da sembrare un dee-jay navigato, si avvicendano e mi trasportano immediatamente in uno spazio attivo, meticcio dove l’orecchio ed il cuore possono riconoscere tutto e il contrario di tutto. Tendenzialmente le sonorità sono molto scure: fumose e crude come i bassifondi di New Orleans, sudate e sporche come i vestiti di chi raccoglieva il cotone e cantava il blues. Sonorità ”black“; nere come la notte, come la pelle e la rabbia di tutti gli afroamericani che ad inizio secolo, mentre in Francia i fratelli Lumiere sperimentavano la possibilità di riprodurre artificialmente i sogni, loro – i neri d’America – lanciavano un grido di libertà soffiando in un sax, una tromba o in un trombone. Dopo un buon quarto d’ora di riscaldamento, comincia lo spettacolo e Petrella inizia davvero a darci dentro, mentre sul grande schermo si susseguono una decina di cortometraggi, tutti risalenti ad inizio secolo scorso e per lo piu’ realizzati in Francia. Tra questi “Le ballet mecanique”, “Le spectre rouge”, “Light rhythms”, ”Un chien andalou” di Luis Bunel e, unico corto non francese, “The rounders” di Chaplin.

 

Petrella suona di tutto, passa con nonchalance dal rhodes al trombone, ai campionatori: crea loop e su quelli costruisce atmosfere, ambientazioni sonore che non hanno memoria e che sembrano nate insieme e per le immagini che si susseguono sullo schermo: e viceversa. L’attenzione del pubblico è totale, ipnotizzato dalle immagini e dai mille suoni che sembrano, a tratti, ricreare il ruggito di un motore accesso e rombante. A quel punto non resta da far altro che abbandonarsi, sprofondare nella poltrona e lasciarsi trasportare. Uno spettacolo emozionante e sincero che, seppur costruito su “ciò che è stato”, riesce a ricatturarne e a restituire allo spettatore, con un linguaggio completamente nuovo,  tutta la potenza espressiva e innovativa di cui sia il cinema che il jazz sono stati e sono, ancora oggi, portatori. (Michele Mancaniello per RootsIsland)

 

Sito Ufficiale di Gianluca Petrella: http://www.gianlucapetrella.com